Il Giardino dell’Eden, la Caduta e il Serpente. Cosa significano?

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Gli “eventi” legati al racconto biblico dell’Eden sono tra quelli maggiormente incompresi dalla mentalità moderna, la quale, avendo solitamente smarrito la conoscenza della Metafisica, della Cosmologia e del Simbolismo tradizionali, brancola nel buio considerandoli mere “metafore” o perdendosi in interpretazioni bizzarre e peregrine. Qui di seguito, un brano tratto dal nostro saggio “L’Eden, la Resurrezione e la Terra dei Viventi” (pp. 41-46) affronta alcune di queste tematiche. Vivamente consigliato a chi, con coraggio e determinazione, “cerca davvero risposte”.

IL GIARDINO, I QUATTRO FIUMI E I DUE ALBERI

Pur non potendo soffermarci su tutti i simbolismi legati al racconto di Genesi, ve ne sono alcuni sui quali vale la pena riflettere in questo contesto, perché utili ad una migliore comprensione del tema che stiamo trattando.   Il primo di questi simboli è quello stesso del Paradiso visto come “Giardino”.

Tale simbolismo è già presente nell’espressione biblica gan b‘êḏen, “giardino in Eden” (גן־בעדן) e, secondo alcuni studiosi, nel termine stesso Eden, che conterrebbe la radice semitica *dn (lussureggiante, gradevole) 1.  Il greco biblico traduce Eden con il termine παράδεισος (parádeisos), che a sua volta è un prestito dal persiano pairidaēza, termine che letteralmente indicava i “recinti” entro cui erano allestiti gli splendidi giardini regali del Medio Oriente antico, ma che entra presto nel linguaggio di libri sacri come l’Avestā proprio per indicare le dimore beate destinate agli eletti che avranno ben vissuto la loro vita terrena.  L’immagine del Paradiso perduto (analogo al Paradiso che deve essere ritrovato) come luogo di un “giardino” rimanda immediatamente alla natura primigenia ma non ostile della “creazione primordiale”, dove tutti gli elementi del mondo, non ancora decaduti nel tempo, coesistono armoniosamente come in un pacifico orto.

Dal Giardino dell’Eden si dipartono Quattro Fiumi che rappresentano chiaramente, in una certa prospettiva, i quattro elementi fondamentali di cui è costituita la materia prima e da cui tutti gli altri originano: Terra, Acqua, Aria e Fuoco; elementi che non vanno tuttavia considerati «quali sostanze corporee o chimiche nel senso che oggi diamo a questo termine. I quattro elementi sono semplicemente le qualità elementari più generali». 2

Più complesso e determinante è il simbolismo dei due alberi dell’Eden: l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male che sarà, come sappiamo, al centro della vicenda legata alla “caduta” della coppia primordiale. Questi due alberi, infatti, sembrano in qualche modo connessi l’un con l’altro. Nel racconto biblico, in effetti, si parla di un Albero della Vita che è piantato nel mezzo del Giardino e che può dare l’immortalità; ma si parla anche di un altro albero, quello della Conoscenza del Bene e del Male, che è posto anch’esso «in mezzo al giardino e di cui Dio ha detto: non ne mangiate e non lo toccate, che non abbiate a morire». 3

Il collegamento fra questi due simbolici “alberi” è, in effetti, abbastanza curioso, perché uno di essi dona l’immortalità, mentre l’altro conduce alla morte, eppure ambedue sembrano porsi al centro del Giardino.       In realtà, tale immagine è comprensibile proprio alla luce del simbolismo della Croce, dove l’Albero della Vita corrisponde alla metà superiore dell’asse verticale che indica l’accesso agli stati superiori dell’essere, attraverso i quali si consegue la vera Immortalità; mentre l’albero della Conoscenza del Bene e del Male, come dice il nome stesso, indica lo sprofondamento dell’essere nella dualità e nella divisione, in cui si perde la pienezza dell’Unità originaria.   Il peccato, la caduta e quindi la morte subentrano, infatti, all’atto di scegliere la dualità al posto dell’Unità, ma è questo un aspetto che merita di essere spiegato in maniera più approfondita

LA CADUTA, OVVERO LA “DUALITA’”

Rimane tuttavia da spiegare meglio in cosa consista esattamente questa “caduta” e quali ne siano le cause.       Riprendendo il simbolismo dei Due Alberi presenti nel Giardino, si può comprendere che essi simboleggiano la “scelta” fra l’Unità e la Dualità: fra la possibilità della perfetta comunione con Dio, che presuppone anche una conoscenza perfettamente unica e integrata del Reale, e la dualità, ovvero la “separazione” dall’Uno e l’identificazione dell’essere con il divenire e con l’illusione della molteplicità.

Chi vede Dio in tutte le Sue manifestazioni, infatti, vede anche ogni cosa in Lui e per un tale essere la realtà non è che una teofania o manifestazione della Divinità, dove non esistono contraddizioni e dove non esiste nemmeno il “tempo”, perché tutto è percepito immediatamente nell’Uno. Ma se l’illusione della separatezza subentra, l’essere non percepisce più la realtà in Dio e se ne allontana, identificandosi così col proprio “ego” e con la propria pretesa di “autosufficienza”.

Da questo punto di vista, «si può dire che la natura dell’Albero della Conoscenza del bene e del male è caratterizzata dalla dualità, come suggerisce la sua denominazione, perché vi troviamo due termini che sono, neppure complementari, ma addirittura opposti (…); non altrettanto può dirsi dell’Albero della Vita, la cui funzione di Asse del Mondo implica invece essenzialmente l’unità». 4

La conseguenza dell’identificazione con la dualità e con il divenire, peraltro, è anche l’identificarsi dell’essere con le sue sole possibilità inferiori: l’Uomo Vero, in tal modo, diventa quell’uomo frammentario, parziale e materializzato, che è l’uomo terrestre.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL SIMBOLISMO DEL SERPENTE

Nella vicenda della “caduta” compare, come è noto, anche la figura del “serpente” tentatore. L’identificazione di questo “serpente” con le forze letteralmente diaboliche che spingono l’uomo a spezzare l’Unità e ad identificarsi solo con ciò che è inferiore è piuttosto antica ed è fatta propria, tra l’altro, dalla stessa Apocalisse di Giovanni .5

D’altronde, è proprio della natura “diabolica” (sotto qualunque forma o accezione la si voglia intendere) quello di “divedere” (e lo stesso termine diavolo, come è noto, deriva dal greco dià-ballein, “dividere”).     Più interessante ancora, tuttavia, è cercare di capire per quale motivo proprio il serpente sia stato scelto come simbolo per indicare il “tentatore” che induce Adamo alla caduta, essendo il simbolo del serpente (come del resto tutti i simbolismi) qualcosa di ambivalente e non necessariamente identificabile solo con un aspetto “malefico”. 6

Quello del serpente, infatti, è un simbolismo presente – nella sua curiosa ambiguità – in molte culture oltre a quella biblica: nella tradizione indù, ad esempio, «il serpente Shesha o Ananta (…) è arrotolato attorno al Meru (la montagna che rappresenta l’asse e il centro del mondo, n.d.a.) ed è tirato in direzioni opposte dai Deva e dagli Asura».7

Nell’induismo, i Deva rappresentano solitamente quegli stati dell’essere che le tradizioni occidentali chiamano angeli, mentre gli Asura (una possibile etimologia fa risalire il termine all’espressione a-sura, “non luminoso”) sono anche identificabili coi “demòni” delle religioni occidentali, per cui il simbolismo delle “spire” del serpente rappresenta, in ultima analisi, una spirale che da una parte conduce l’essere verso i Cieli e gli stati superiori e dall’altra, come in un vortice, lo risucchia invece verso gli stati inferiori o addirittura infernali della realtà.

Seguire il serpente e le sue spire significa quindi, almeno nella prospettiva del racconto di Genesi, perdere di vista le realtà superiori e incatenarsi alla molteplicità e alle realtà inferiori, al divenire visto come mutevolezza, perdita del Centro e sprofondamento nel vortice inarrestabile che conduce alla dissoluzione e alla morte.

NOTE

1 – Genesi 2, 19-20. 51 T. Arnold, Genesis, Cambridge University Press, 2008, p. 58.

2 – Burkhardt, Alchimia, op. cit., p. 55. Inoltre, da questo punto di vista, se i “fiumi” rappresentano i quattro elementi (o meglio “qualità”) di cui è costituito il mondo delle forme, l’Eden stesso rappresenta, in qualche modo, l’etere, ovvero la quintessenza di tutti gli elementi o “l’elemento primo”

3 – Genesi 3, 3

4 – Guénon, Il simbolismo della croce, op. cit., p. 70.

5 – «Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli» (Apocalisse, 12, 9).

6 – Tra le applicazioni “benefiche” del simbolismo del serpente ricordiamo il “serpente di bronzo” che salva gli Ebrei nel deserto (Libro dei Numeri, cap. 21), episodio che Cristo stesso riferirà a se stesso: «E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna» (Giovanni 3:14-15).

7 – Guénon, Il simbolismo della croce, op. cit., p. 144.

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1 commento

  1. In questo simbolismo, è importante tenere conto che il serpente è una “trasformazione” del bastone sacerdotale che, a sua volta, è un simbolo dell’Asse del Mondo. In questo senso, il serpente è un’espressione ed una manifestazione dell’Asse stesso, al livello del divenire di cui l’Asse è il motore immobile. Questo spiega:

    1) il rapporto del serpente con il mondo sottile e con la magia, che ne è, in un certo senso, la scienza più specifica;
    2) il legame del serpente con la mutazione e la trasformazione, legame ben noto nella Kabbalah;
    3) il rapporto del serpente con l’albero dualistico del Bene e del Male, ma anche il suo rapporto positivo con l’Albero della Vita in chiave di rigenerazione (es. Serpente di bronzo);
    4) lo stretto legame, che alcuni cabalisti hanno espressamente riconosciuto e si ritrova anche in altre tradizioni, fra l’Uomo e il Serpente, nel senso che, come l’Uomo, il Serpente, esprime in chiave di possibili mutazioni l’Universalità che l’Axis Mundi esprime in chiave di Sintesi.