Maddalena: la sposa di Cristo. Come nasce il mito?

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I Vangeli (sia Canonici che Apocrifi) non ne parlano mai; la tradizione cristiana nel suo complesso la ignora; anche il Talmud ebraico e le tradizioni dell’Islam non ne accennano minimamente …ma tutto questo non ha impedito che il “mito” dell’unione tra Gesù Cristo e Maria Maddalena diventasse uno dei più gettonati “gossip” della cultura new age contemporanea. Ma come nasce il mito? Tutto sembra aver avuto origine da un passaggio frainteso dello gnostico Vangelo di Filippo; ma il viaggio alle radici di questo mito é anche l’occasione per un escursus in una storia “altra” del Cristianesimo, dove le figure femminili dei Vangeli incontrano le divinità egizia, dove miti europei, mediorientali e persino tradizioni zingare e “gitane” si mescolano in un’affascinante e impensabile calderone… 

Il brano é tratto dal nostro saggio “La riscoperta del Graal”, Editori Riuniti, Roma 2007, Cap. 3.

Scrive Dan Brown nel Codice Da Vinci:  “la Chiesa delle origini doveva convincere il mondo che il profeta mortale Gesù era un essere divino. Di conseguenza, ogni vangelo che descriveva gli aspetti terreni della vita di Gesù doveva essere omesso dalla Bibbia. Purtroppo per quei vecchi corruttori, un tema terreno particolarmente preoccupante continuava a presentarsi nei vangeli. Maria Maddalena.(…) O, più in particolare, il suo matrimonio con Gesù Cristo”[1].

Questo è il nocciolo del romanzo di Dan Brown: ed é attorno a questo “segreto”, nascosto per secoli a prezzo di qualunque nefandezza, che si articola tutta la vicenda del Codice. Ed è per questo motivo che, prima di abbandonare idealmente i deserti e le colline di Giudea, saremo ancora una volta costretti ad investigare un’altra figura di quel grandioso affresco che sono i Vangeli: la figura di una donna vista, a seconda dei casi, come sposa, come testimone privilegiata o addirittura come dea; una donna dietro la quale, forse, si celano altre due figure di donna; una donna nota attraverso i secoli come peccatrice, indemoniata, redenta, santa; vessillo dell’ortodossia cattolica, ma anche soggetto di speculazione per le più oscure ed enigmatiche eresie di tutta la storia del Cristianesimo.

Miti moderni e arcaici ricordi 

Maria Maddalena è il centro della vicenda narrata da Dan Brown: il filo conduttore di questo thriller-catechesi sulla storia occulta del Cristianesimo.Secondo la metastoria narrata dal Codice –o, meglio ancora, secondo i testi ai quali il Codice sembra rifarsi- la Maddalena sarebbe stata la sposa di Gesù, sua discepola prediletta, madre di una figlia dal nome evocativo: Sarah, in ebraico “principessa”.     Perseguitata dalla Chiesa maschile e misogina di Pietro e degli Apostoli, la Maddalena sarebbe fuggita nelle Gallie –l’odierna Francia- portando con se la discendenza carnale di Cristo e con essa il suo segreto: “un segreto così potente” spiega sempre Sir Teabing “che avrebbe potuto distruggere le fondamenta del cristianesimo!”[2].

Dalla discendenza della Maddalena, infatti, avrebbe preso vita una storia parallela a quella ufficiale, raccontata nei libri di scuola. In Gallia, la sposa di Cristo avrebbe trovato protezione presso la comunità ebraica –che l’avrebbe onorata e protetta in quanto sposa di Gesù, discendente di Davide e custode della regalità di Sion- e da sua figlia Sarah sarebbe discesa la dinastia dei Merovingi, la più antica di Francia, sterminata dai Carolingi in combutta conla Chiesadi Roma.

La dinastia merovingia, tuttavia, sarebbe sopravvissuta e lo stesso primo re crociato di Gerusalemme, Goffredo di Buglione, ne sarebbe stato un discendente a conoscenza del terribile segreto. Il segreto sarebbe pervenuto poi ai cavalieri Templari, i famosi monaci-guerrieri, che avrebbero ritrovato nei sotterranei della Città Santa il diario di Maria Maddalena, contenente le scottanti rivelazioni.

Così, anche la ricerca del Santo Graal, secondo il Codice, non sarebbe stata altro che la ricerca del segreto nascosto della Regale Discendenza: perché, spiega sempre Sir Teabing a Sophie Neveu, “Maria Maddalena era il Santo Vaso, il Calice contenente il sangue reale di Gesù Cristo. Era il ventre che portava la discendenza, la vite da cui è nato il frutto sacro!”[3].

Segreto custodito fino ai nostri giorni dal Priorato di Sion.

La storia della discendenza di Gesù conoscerebbe infatti, nella narrazione di Dan Brown, un’importante postilla: perché la stessa Sophie Neveu, dopo aver scoperto l’appartenenza di suo zio Jacques Saunière –curatore del Museo del Louvre- al leggendario Priorato, riuscirebbe a risalire alla sua stessa discendenza, scoprendo di essere ella stessa l’ultima rampolla del Sangre Real.

In ultimo, proprio Sophie[4] rintraccerebbe anche l’ultimo anello della catena: la sepoltura della Maddalena, custodita sottola Piramide di Vetro del Louvre, di cui suo zio era il custode.

Al cospetto di una mitologia così lussureggiante, non può non sorgere la spontanea domanda su quanta parte di questo racconto abbia un fondo di realtà -o comunque un aggancio con tradizioni antiche e degne d’interesse. In effetti, se si escludono le parti più romanzate della trama, il resto del canovaccio rappresenta un vero e proprio pastiche in cui si trovano, indissolubilmente mescolate,  invenzioni e mezze verità, sentori di antiche leggende e moderne elucubrazioni.

Alcune piste, tuttavia, possono riservare affascinanti sorprese.

Innanzitutto, appare evidente come Dan Brown abbia modellato parte della storia narrata nel Codice sui ricordi di un’antica tradizione –ripresa in molti documenti medievali, tra cui la notissima Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine[5]– che vedela Maddalena fuggire dalla Palestina per la persecuzione degli Ebrei e dei Romani –non della Chiesa di Pietro- e giungere in Provenza al seguito delle altre due Marie, che insieme a lei avrebbero assistito alla morte di Gesù –ossia, Maria Salomé e Maria di Giacomo. Nel sud della Francia, le tre Marie avrebbero diffuso il Cristianesimo e sempre lì, secondo la tradizione, sarebbero morte. In particolare, il luogo del trapasso di Maria Maddalena sarebbe situato presso l’odierna Aix-en-Provence, da dove, in epoca carolingia, le spoglie sarebbero state traslate per essere sepolte nella splendida cattedrale di Vézelay.

Secondo Dan Brown, invece, il vero luogo di sepoltura di Maria Maddalena sarebbe in una cripta sotto la Piramidedi Vetro del Louvre: un luogo suggestivo e affascinante, di costruzione recente (1989) ma già carico di leggende sul suo conto. Fortemente voluto dal presidente Francois Mitterrand[6] – che secondo una radicata tradizione della “laicissima” Francia era anche un grande appassionato di esoterismo- il monumento si pone in continuità con una certa “egittomania” francese di sapore occultistico e massonicheggiante, vagamente neopagana e anticristiana, che ha radici antiche almeno quanto l’Illuminismo stesso[7]. Una diffusa leggenda ripresa anche da Dan Brown –e peraltro mai confermata o smentita da studi attendibili- afferma inoltre che la Piramide sarebbe composta esattamente da 666 quadrati di vetro, equivalenti al numero della Bestia indicato dall’Apocalisse[8].

Un particolare che attira la nostra attenzione è la figura di Sarah: la cosiddetta figlia di Gesù e della Maddalena. Naturalmente, l’ipotesi caldeggiata da Dan Brown è storicamente inconsistente, perché nessun documento antico, né eretico né ortodosso, parla di una qualsivoglia prole del Cristo. Dan Brown, tuttavia, non ha inventato completamente questa figura, ma ha attinto ad antiche leggende in cui, effettivamente, compare il personaggio di una fanciulla di nome Sarah legata alla vicenda della Maddalena.

Si tratta di leggende la cui origini si perdono nei secoli, di dubbia o nulla consistenza storica, eppure simbolicamente significative: forse sentori di legami e collegamenti apparentemente impensabili.

L’enigmatica figura di Sarah-La-Nera 

I Gitani della Camargue, nel sud della Francia, che ogni 24 maggio raggiungono il paesino di Saintes-Maries-sur-Mer per rendere omaggio alla sua presunta tomba, la chiamano, nel loro arcaico linguaggio, Sarah-La-Kali, Sarah-la-Nera. Secondo antiche tradizioni, Sarah-La-Nera, detta anche Sarah l’egiziana, avrebbe accolto le tre Marie al loro arrivo in terra provenzale su quel lembo di terra vicino Marsiglia che oggi, in ricordo dell’evento, si chiama appunto Saintes-Maries-sur-Mer, ma che all’epoca –occhio ai nomi- si chiamava Ratis.

La più antica tradizione scritta riferentesi a questa figura, è la Leggenda delle Sante Marie di Vincent Philippon (1521), in cui si nomina Santa Sarah come la serva egiziana di Maria Maddalena, giunta insieme con lei nelle Gallie.

Niente “figlie di Gesù”, dunque: eppure, come vedremo, non per questo le leggende intorno a Sarah-La-Nera assumono un minor interesse da un punto di vista storico e antropologico.

I Gitani di Provenza, a lei particolarmente devoti, raccontano infatti una versione leggermente diversa della vicenda: per cui, Sarah sarebbe stata un appartenente al loro popolo, la prima ad accogliere il Verbo cristiano. “Una delle persone del nostro popolo che ricevette una delle prime rivelazione (che si convertì per prima al Cristianesimo n.d.a.) fu Sarah la Kali. (…) Ella conosceva i segreti che le erano stati trasmessi… I Rom, in quel tempo, praticavano l’idolatria, ed una volta all’anno essi portavano sulle loro spalle la statua di Ishtari (Astarte? n.d.a) ed andavano al mare a ricevere la benedizione lì. Un giorno Sarah ebbe visioni nelle quali le si dice che le sante che erano state presenti alla morte di Gesù (le tre Marie n.d.a.) stavano arrivando, e che doveva aiutarle. Sarah le vide arrivare in una barca. Il mare era tempestoso, e la barca sembrava affondare. Sarah stese il suo vestito sulle onde dell’acqua, usandolo come galleggiante, e giunse fino a dove erano le sante e le aiutò ad arrivare alla terra ferma” [9].

La ChiesaCattolicanon ha mai riconosciuto del tutto la devozione a Santa Sarah, a causa della mancanza di documenti che ne attestino la reale esistenza storica: questo non toglie, tuttavia, che il mito di Sara-La-Nera contenga elementi davvero interessanti. Innanzitutto, l’appellativo La Nera sembra rimandare direttamente al culto di quelle divinità femminili raffigurate come nere di cui è piena la cultura mediterranea e non solo. Nella leggenda gitana, La Nera viene descritta inoltre come una fanciulla iniziata a dei segreti –“conosceva i segreti che gli erano stati trasmessi”– al tempo in cui i Gitani adoravano Ishtari/Astante, divinità mediorientale ipostasi della Grande Madre. Particolarmente interessante, poi, è la sua origine egiziana, secondo la leggenda tramandata dal Philippon; e del resto, lo stesso luogo in cui le tre Marie sbarcano si chiamava Ratis, proprio in onore del dio egiziano del sole, Ra.

A questo punto, i conti sembrano ritornare, e dalla nebbia simbolica del mito, pare emergere la vera identità di Sarah-La-Nera, la PrincipessaNera, l’Egiziana Nera che accoglie le Marie su un suolo già consacrato ad un dio egizio: la dea Iside. Come la dea Iside, infatti, Sarah è raffigurata nera e domina la potenza delle acque –elemento femminile e materno- permettendo alle Marie di sbarcare sane e salve.

Al tempo dell’Impero Romano, infatti, il culto egiziano di Iside si era diffuso in tutte le provincie ed in particolar modo nelle Gallie, dove si era radicato nella precedente tradizione celtica, notoriamente dominata del culto della Dea Madre. Persino il nome Parigi, secondo una certa esegesi, conterrebbe un riferimento esplicito ad Iside: “il termine Paris significa in effetti Bar-Isis, o vascello di Iside, dato che la parola egizia BAR ha il senso di recinto, ricettacolo, cosa capace di contenere nel suo seno, vascello (…). Bar-Isis è dunque la traduzione in druidico colto del termine volgare ‘Lutece’, che aveva esattamente lo stesso significato di ‘luogo difeso dalle acque’ (…) in quanto il principio femminile è il Dominatore delle Acque”[10].

Iside era raffigurata nera come tutte le divinità femminili; così come in India la dea Kali[11] è anch’essa ipostasi del principio femminile, la prakriti, manifestazione di quel femminino sacro così caro a Dan Brown. Erroneamente, infatti, si collega sic et simpliciter il simbolismo del colore nero all’idea di tenebra e di oscurità, al male e alla magia negativa: il suo significato essendo molto più ampio. Nel Cristianesimo, ad esempio, sono diffusissime le Madonne nere, immagini iconografiche che manifestano, infondo, un medesimo simbolo di carattere universale.

Qui, in effetti, si è lontani mille miglia da quel fenomeno tutto sommato superficiale che certa antropologia chiama sincretismo: quasi che i simboli sacri si affastellino nel corso della storia uno accanto all’altro per motivi del tutto casuali. Qui è inutile chiedersi se una certa cultura ha copiato quella precedente, perché siamo al cospetto, per l’appunto, di un simbolo universale, che non conosce confini. Così, il simbolismo del colore nero rimanda ad un concetto metafisico senza tempo: quello della creazione primigenia, della Terra Madre che contiene in potenza tutte le creature prima di essere fecondata e animata dai raggi del sole; Vergine in quanto primigenia e Madre in quanto matrice d’ogni realtà manifestata, nera come la terra fertile in attesa di ricevere il seme.

E di analogia in analogia, lo stesso simbolo si configura nell’Opera al Nero[12] dell’alchimia, nello yin nero e femminile opposto allo yang bianco e maschile del Taoismo estremo-orientale; o per l’appunto…

…per l’appunto, nella figura eminentemente simbolica di Sarah-La-Kali:la Nera.

E non è evidentemente un caso che questa figura, dai rimandi così forti, sia stata messa in relazione con Maria Maddalena. Forse, la curiosa leggenda gitano-provenzale rappresenta una singolare chiave di lettura, in tono mitico, che raffigura il tipo di incontro, avvenuto in quella terra, tra certe forme di religiosità pre-cristiana e la nuova fede venuta da Oriente. Sarah La Nera, addentro ai segreti e profetessa –ha visioni riguardanti l’arrivo della nuova fede- accoglie la nuova religione del Cristo non malgrado ma grazie il suo essere iniziata agli antichi Misteri. Come i Magi pagani, anche lei riconosce nella nuova fede un compimento di quei simboli che da sempre erano propri alla spiritualità del suo popolo.

Se è vero, infatti, che il Cristianesimo ha combattuto il paganesimo nelle sue forme più esteriori e sfaldate, è anche vero però che, fin dai primi secoli, ha intessuto un dialogo profondo con le forme più pure dell’antica spiritualità. Già agli inizi del III secolo, lo scrittore e martire Giustino e il filosofo Clemente d’Alessandria potevano parlare di semi di verità presenti nelle filosofie, nei miti e nei simboli del mondo pre-cristiano, quasi prefigurazioni e figure del Mistero cristiano[13].

Così, è probabile che in terra di Gallia -dove così forte era il culto di Iside e delle dee celtiche della femminilità- le figure femminili cristiane abbiano avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della nuova fede. Nel nord del paese è nota, infatti, la straordinaria diffusione del culto della Vergine Maria, la Notre Dame; così come al sud si è consolidato quello di Maria Maddalena. Ma in questo come in altri casi –lo ribadiamo- è banale parlare di puro e semplice sincretismo o addirittura, come fa qualcuno, di sopravvivenza di culti pagani mascherati da riti cristiani.

Qui si tratta piuttosto di una convergenza, di un momento in cui la nuova fede ha percepito la presenza, in ciò che l’ha preceduta, di un simbolo universale, di un archetipo senza tempo.

La sposa di Gesù Cristo?-

Dopo aver indagato quali significati potrebbero celarsi dietro la figura di quella che Dan Brown identifica come la “figlia di Gesù”, non possiamo ormai esimerci dall’affrontare la vera vexata questio del Codice Da Vinci: ovvero il presunto matrimonio del quale la leggendaria Sarah sarebbe il regale frutto, ossia quello tra il Messia Gesù e Maria Maddalena.

Il “terribile segreto”, conosciuto dagli eretici ma ripudiato dai cristiani “ufficiali” -ma adesso, grazie al libro più venduto del millennio, messo finalmente a conoscenza di tutti- è infatti. il gossip esoterico che più che mai ha contribuito ha creare il caso-Dan Brown e a generare tutto lo “scandalo” che ad esso ha fatto seguito,

Ma quali sarebbero i dati storici -o anche solo mitici e leggendari- su cui si baserebbe questa straordinaria rivelazione? L’unica risposta possibile a questa domanda, che in molti si saranno fatti, appare addirittura impietosa, specie considerando le attese prodotte dal tam tam mediatico: nessun dato.

In effetti, non sembra esistere alcun documento, antico o medievale, eretico o ortodosso, accettato o non accettato dalle chiese ufficiali, che confermi con chiarezza lo sconvolgente scoop di Dan Brown.  Non si conosce testo, vangelo o stralcio di papiro che possa seriamente avvalorare questa “terribile ipotesi”. Non solo: un evento così importante come il matrimonio di Gesù non sembra aver lasciato traccia nemmeno nel folklore popolare; nelle leggende dell’Oriente e dell’Occidente; nella tradizione Ebraica, che pur così tanti riferimenti –spesso cinici e caustici- ha tramandato riguardo alla figura di Gesù; e nemmeno nella tradizione scritta e orale dell’Islam, così ricca di colorite leggende sulla vita del Profeta Isà.

Pertanto, sembra proprio che le uniche “tradizioni” contenenti chiari accenni al terribile matrimonio siano quelle rintracciabili nella letteratura contemporanea e sul web: quasi tutte, in un modo o nell’altro, riconducibili allo stesso Codice di Dan Brown o al Santo Graal di Baigent, Leigh e Lindon.

Ma come è nata, allora, un’idea del genere, che pure così successo ha avuto a livello popolare? E chi ha inventato per primo la leggenda? E perché, poi, é stata scelta proprio la Maddalenacome soggetto dello straordinario scoop?

Andiamo per ordine.

Intanto, non possiamo ignorare che, secondo Dan Brown, il matrimonio tra Cristo ela Maddalenasarebbe suffragato da documenti e persino da ragioni storiche e culturali: vediamo quali.

Sir Teabing, ad esempio, ci spiega che “Gesù come uomo sposato ha infinitamente più senso che come scapolo (…) perché Gesù era ebreo (…) e il costume dell’epoca imponeva virtualmente ad un ebreo di essere sposato. Secondo i costumi ebraici, il celibato era condannato” [14].

In effetti, la cultura ebraica post-biblica non ha mai attribuito un particolare valore alla scelta del celibato e della castità. Ancor oggi, il matrimonio e la figliolanza sono considerati degli obblighi per gli aspiranti al Rabbinato e non è possibile accedere allo studio della Kabbalà, la via mistico-esoterica di interpretazione dei testi sacri, per uomini che abbiamo meno di tre figli. Lo stesso atteggiamento, d’altronde, è caratteristico di tutto il mondo religioso semita, non solo per il Giudaismo ma per lo stesso Islam.

Questo, tuttavia, non significa che il quadro attuale corrisponda necessariamente a quello dell’epoca di Gesù: e non a caso, infatti, abbiamo evidenziato sopra il termine post-biblica. In effetti, la cultura ebraica precedente alla distruzione del Tempio di Gerusalemme dell’anno 70 d.C.[15] era estremamente più complessa di quella dei secoli successivi, nei quali prevarrà, quasi esclusivamente, l’influsso della sola scuola farisaica. Sappiamo così per certo che, all’epoca di Gesù, esistevano molti modi diversi di vivere il Giudaismo: tra essi, non mancavano anche gruppi che praticavano il celibato e l’ascentismo, come ad esempio gli stessi Esseni.

Nulla osta, dunque, che un Maestro ebreo del I secolo potesse essere tale pur non essendo sposato.

Dan Brown, tuttavia, non si limita a semplici considerazioni antropologiche, ma per bocca di Sir Teabing afferma di poter esibire documenti storici: in particolare, gli stralci di un vangelo apocrifo chiamato Vangelo di Filippo. Questo, peraltro, è anche l’unico caso in cui Dan Brown cita effettivamente uno di quei testi apocrifi di cui spesso parla: ed è quindi necessario soffermarsi un istante sul brano in questione.

Scrive Dan Brown: “il matrimonio di Gesù e Maria Maddalena è storicamente documentato (…). Il Vangelo di Filippo è sempre un ottimo punto di partenza per cominciare (…): ‘E la compagna del Salvatore è Maria Maddalena. Cristo la amava più di tutti gli altri discepoli e soleva spesso baciarla sulla bocca. Gli altri discepoli ne furono offesi ed espressero disapprovazione(…)’. Queste parole sorpresero Sophie, ma non le parvero decisive. ‘Non parla di matrimonio’. ‘Au contraire’. Teabing sorrise e le indicò la prima riga. ‘Come ogni esperto di aramaico potrà spiegarle, la parola ‘compagna’, all’epoca, significava letteralmente ‘moglie’”[16].

Anche in questo caso, Dan Brown dissimula la sua trama, mescolando mezze verità e mezze invenzioni. L’effetto che se ne ricava è dirompente: una verità occultata sembra davvero ritornare alla luce, suffragata da testimonianze storicamente significative!

In realtà, c’è da chiarire innanzitutto che lo stesso passo citato è stato anche inevitabilmente “ritoccato”: il Vangelo di Filippo, infatti, è arrivato a noi solo attraverso una versione contenuta in un papiro trovato a Nag Hammadi nel 1945: e si tratta di un foglio danneggiato e incompleto. Il passo citato da Dan Brown, ad esempio, si presenta in concreto così[17]: “E la compagna (koinonòs) di (…) Maria Maddalena (…) più dei discepoli (…) salutare lei sulla sua (?)”. I puntini rappresentano le parti mancanti e quindi sconosciute del testo originale. Alla nostra fantasia, pertanto, và l’arduo compito di completare la frase mancante, immaginando a nostro piacimento “baci in bocca” o quant’altro.

D’altronde, anche se si prendesse per buona la versione presentata da Dan Brown –ovvero il fantomatico “salutare sulla bocca”– bisognerebbe pur sempre comprendere il significato del “gesto” all’interno del contesto culturale dell’Oriente antico. Lo stesso Vangelo di Filippo (II, 58,33-59,6), lascia intendere come il “bacio reciproco” sia in realtà un vero e proprio rito liturgico della setta, simboleggiante il ricevimento della grazia divina. Niente a che fare, dunque con il gossip moderno…

Inoltre, c’è da dire soprattutto che il termine koinonòs, non significa affatto “sposa”, ma, molto più genericamente, “amico, compagno” o anche “parente”. Il termine, poi, non è per nulla “aramaico” -come lascia intendere Dan Brown, forse per avvalorare sottilmente l’antichità del testo immaginandolo scritto nella lingua stessa di Gesù- ma greco, e inserito in un testo scritto in copto -l’antica lingua dell’Egitto.

Per quanto riguarda il presunto e “terribile” matrimonio questo, in ultima analisi, sembrerebbe essere tutto: ed è effettivamente poco per avallare storicamente una vicenda, che non sembra aver lasciato nessun altra traccia in tutta la letteratura antica.

Oltretutto, checché ne dica Dan Brown, non sembrano esserci plausibili motivi per cui il ricordo di questo matrimonio, qual’ora fosse davvero stato contratto, avrebbe dovuto seminare un tale “scandalo” da giustificare una simile censura. Il Vangelo di Marco, ad esempio, lascia tranquillamente intendere come anche Simon Pietro, capo degli Apostoli, fosse sposato[18]; né il fine poteva essere quello di avvalorare la pratica del celibato sacerdotale, divenuta disposizione disciplinare obbligatoria solo nel Medioevo e nella Chiesa d’Occidente – le chiese orientali, infatti, ancor oggi ordinano al sacerdozio uomini sposati.

A questo punto, sembra proprio che l’ipotesi storicamente più consistente sia proprio quella che vede un Gesù non sposato, così come affermato all’unanimità dalla tradizione cristiana.

Quale possa essere stato, poi, il significato che la pratica del celibato può aver assunto nella vita e nella missione del Cristo, questo non sta a noi indagarlo: perché si tratta, in tutta evidenza, di un tema strettamente teologico non affrontabile in uno studio a carattere storico e antropologico.

A noi, in ultima analisi, interessava essenzialmente ricondurre questa incontrollabile leggenda religioso-metropolitana ad un minimo di chiarezza storica: fugando quella nube di  disinformazione e di irrefrenabile “sentito dire” che così grande potere sembra avere sulle masse contemporanee.

Cosa sappiamo veramente di Maria di Magdala? –

Ma perché poi la Maddalena?

Per quale motivo, si chiederanno in molti, proprio questa particolare figura sembra essersi prestata così bene a un’opera così imponente di rielaborazione storico-religiosa?

In effetti, anche a prescindere dal filone Dan Brown/Santo Graal, sembra proprio che la possibilità di un rapporto coniugale tra Gesù e la Maddalena sia divenuto un tema particolarmente gettonato nella cultura odierna: basti ricordare, su tutti, il noto e discusso film L’ultima tentazione di Cristo, di Martin Scorzese.

Ci si chiederà, allora, se non esista almeno “un appiglio”, nella figura di Maria Maddalena,  sul quale i moderni affabulatori possono aver “lavorato” all’atto di creare questa nuova mitologia.

L’unico modo per provare a rispondere alla domanda sarà, come sempre, quello di far appello alle testimonianze che ci arrivano dai testi antichi: in particolare dalla letteratura evangelica.

E qui, troviamo subito una sorpresa.

Scopriamo, infatti, che la stessa figura di Maria Maddalena sembra nascondere quella di due o addirittura tre donne diverse: Maria di Betania, sorella di quel Lazzaro che Gesù resuscitò dopo tre giorni; una non meglio precisata peccatrice, incontrata dal Maestro durante una cena; e, infine, Maria di Magdala, ossia la vera Maddalena.

Queste due o tre figure sono state accorpate dalla tradizione, attraverso un processo complesso che ha portato alla “creazione” di un personaggio unico, particolarmente caro alla devozione popolare e alla fantasia di artisti e narratori.

Ma quali sono le fonti bibliche di riferimento che hanno contribuito a definire la fisionomia del personaggio?

Nel Vangelo di Luca, ai versetti 7,36-50, troviamo narrato di una cena in casa di un certo Simone il Fariseo, a cui partecipa Gesù. D’un tratto, una peccatrice –l’interpretazione tradizionale la indica come prostituta, ma il testo non lo specifica- entra nell’abitazione, versa il contenuto di un vasetto di profumo sui piedi di Gesù e si inginocchia di fronte a lui. La scena suscita lo scandalo dei presenti, data l’idea ebraica che un peccatore, in quanto “impuro”, possa rendere “impuri” anche gli oggetti o le altre persone. Gesù, indifferente allo scandalo generale, coglie l’occasione per una riflessione sul perdono e sull’amore che concluderà col noto loghìon: “ molto le è stato perdonato, perché molto ha amato”.

Questo episodio, in seguito, è stato collegato ad un altro, questa volta citato in tutti e quattro i Vangeli Canonici: quello che vede la figura di una certa Maria di Betania, sorella di Marta e di Lazzaro, ungere con un profumo prezioso i capelli di Gesù durante una cena, qualche giorno prima della crocifissione del Maestro[19]. Gli episodi sono alquanto diversi, ma la somiglianza di alcuni particolari, come il contesto della cena e il vasetto di profumo, hanno portato ad una certa assimilazione delle due figure.

Infine, al personaggio della peccatrice perdonata è stata accostata quello di Maria di Magdala, la vera Maddalena. Di lei, infatti, il Vangelo di Marco riferisce che era stata “liberata da Gesù perché afflitta da sette demoni”[20], così che qualcuno ha voluto assimilarla a quella anonima donna conosciuta in casa di Simone il Fariseo.

In questa maniera, da tutta una serie di più o meno indebite assimilazioni, è nata la figura popolare di una Maddalena che sarebbe stata ex-prostituta, poi perdonata e “liberata” e che sarebbe stata la sorella di Marta e Lazzaro di Betania. Una figura questa indubbiamente suggestiva da un punto di vista catechetico e devozionale, ma forse non molto verosimile in un’ottica biblica. Si tratta, peraltro, di un’assimilazione tarda: assente nella Chiesa dei primi secoli e sconosciuta nelle chiese orientali, che distinguono invece chiaramente le figure di Maria di Betania e Maria di Magdala[21].

Di Maria di Magdala, la vera Maddalena, i Vangeli Canonici riferiscono in particolare l’episodio della prima apparizione di Gesù risorto: si tratta di un passo forse tra i più importanti di tutti i vangeli, e di valore assoluto per la fede cristiana. Il Vangelo di Giovanni, ai versetti 20, 11-18, lo racconta così: “Maria invece stava all’esterno del sepolcro e piangeva. (…) si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: ‘donna, perché piangi? Chi cerchi?’. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: ‘Signore, se l’hai portato via tu (si riferisce al corpo di Gesù che non era più nella tomba n.d.a.), dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo’. Gesù le disse: ‘Maria!’. Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: ‘Rabbunì!’, che significa: Maestro! Gesù le disse: ‘Non mi toccare, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro’. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: ‘Ho visto il Signore!’”. Inoltre, il Vangelo di Marco, più stringato ma altrettanto efficace, sottolinea che “apparve prima a Maria di Magdala (…). Questa andò ad annunciarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere” [22].

Forse sono stati propri questi passi, scarni ma incredibilmente significativi per la fede cristiana, ad aver creato nei secoli il “mito di Maria Maddalena”: un mito che, come abbiamo visto, ha conosciuto inedite ipostasi anche in età moderna.

Questa semisconosciuta donna palestinese –il suo nome compare pochissimo al di là dell’episodio della Resurrezione- è vista in tutti i Vangeli come la prima testimone dell’evento fondante della fede: un privilegio assoluto, non concesso nemmeno agli Apostoli. Ed è forse questo curioso dato evangelico ad aver dato origine alle audaci teorie sul suo conto: come quella, appunto, del famoso “matrimonio”. Lo stesso atteggiamento tenuto da Gesù al momento dell’apparizione, con le strane parole “non mi toccare, perché non sono ancora salito al Padre mio”, ha fatto ipotizzare persino ad alcuni teologi la presenza in Maria di un sentimento unico e speciale, forse troppo “umano”, che Gesù chiede di trasfigurare in qualcosa di diverso, di spirituale.

Il privilegio speciale di Maria Magdala, prima testimone della Resurrezione a dispetto del suo essere “solo” una donna e malgrado l’iniziale incredulità degli Apostoli, ha dato la stura nei secoli ad una moltitudine di letture interpretative.

Nei Vangeli Gnostici, come abbiamo visto, questo privilegio è il segno di un superiore carisma della Maddalena –simboleggiante la chiesa esoterica e spirituale-  rispetto agli stessi Apostoli –fondatori della chiesa istituzionale e visibile.  In particolare, i Vangeli Gnostici portano alle estreme conseguenze quel cenno agli Apostoli che “non credettero”, descrivendo addirittura un vero e proprio conflitto pregresso tra Pietro e la Maddalena, con Maria ad incarnare le aspirazioni della vera spiritualità rispetto al rozzo pescatore di Galilea (cfr. soprattutto la Pistis Sophia e il Vangelo di Maria Maddalena). Ed é evidente che è proprio da questi accenni che Dan Brown e soci hanno ricavato l’idea di uno scontro millenario tra la chiesa primigenia e spirituale di Maria e quella di Pietro e degli Apostoli.

L’immagine di Maria di Magdala, vista come iniziata e come figura superiore agli Apostoli, si è perpetrata attraverso i secoli fino al Medioevo.

A partire dall’XI secolo, la setta gnostica dei Catari[23] –dal greco catharòi, puri- proveniente dall’Oriente e dai Balcani ed erede diretta della eresie dualistiche dei primi secoli, si impianterà anche in Occidente e particolarmente in quel sud della Francia dove così diffuso era il culto della Santa di Magdala. I Catari rafforzeranno così, a modo loro, il culto locale legato a questa figura, diffondendolo in maniera ancor più capillare nelle terre provenzali[24].

L’eresia catara sarà spazzata via dalla Provenza a seguito della spietata crociata di Simon de Montfort[25] -in cui i cavalieri del nord della Francia, cattolici e di lingua d’oil, invasero il sud gnostico e di lingua d’oc. Questo evento porterà al ritorno forzato della Provenza all’interno della Chiesa di Roma, ma non tutto forse fu estirpato. Alcune famiglie nobili di tradizione catara, frettolosamente riconciliatesi con il Re di Francia, mantennero probabilmente ancora a lungo qualcosa della loro fede, che univa idee d’origine orientale a reminescenze forse addirittura pre-cristiane.

E così, probabilmente, qualcosa della “Maddalena eretica” –o persino della Maddalena “dea”, traduzione cristiana di antichi culti pagani- può essere sopravvissuto in quelle terre fino a tempi piuttosto recenti: tramandato attraverso canali sotterranei, che sfuggono alla Storia con la maiuscola, e poi riesumato in età contemporanea da quella miriade di sette occultiste desiderose, al giorno d’oggi, di promuove “un’altra spiritualità”.



[1] Ibidem

[2] Dan Brown, Il Codice Da Vinci, cit., p. 280

[3] Ibidem, p. 292

[4] Da notare come il nome Sophie, Sofia, rievochi immediatamentela Sapienza Divina, che nella Bibbia viene spesso personalizzata e indicata col genere femminile.

[5] L’edizione più recente di questa affascinante “mitologia cristiana”, materia prima per secoli di artisti e letterati, è quella pubblicata dalla Libreria Editrice Fiorentina, 2 vol., Firenze 2005. Il racconto di Maria Maddalena è alle pp. 393-404.

[6] Sul fascino dell’esoterismo nella laica Parigi odierna, cfr. l’interessante e divertente articolo di Francesco Mario Agnoli, Egittomania, “Il Foglio”, 28 luglio 2005

[7] Sul legame tra la nascita dell’Illuminismo –sedicente razionalista- e le correnti occultiste a cavallo tra XVII e XVIII secolo, cfr.: G.Marletta, Illuminati e illuministi: dai Rosacroce all’Epoca dei Lumi, in ID, Il neospiritualismo, l’altra faccia della modernità, cit., pp. 71-73; F.Yates, L’illuminismo dei rosacroce, Torino 1976; B.Fay, La Massoneria e la rivoluzione culturale del secolo XVIII, Torino 1945.

[8] In Apocalisse 13, 11-18 è descritto il trionfo storico della Bestia e dell’Anticristo, il cui “numero” sarebbe 666. Il versetto è comprensibile a partire dalla ghematria, l’antico simbolismo che collega ogni lettera ad un numero: così che ogni parola dei testi sacri può avere un’interpretazione numerica e viceversa (è una “scienza sacra” molto praticata anche in ambito Cabalistico). L’idea, in effetti, è che ogni nome non sia casuale ma possieda in sé una “potenza”, un destino o una vocazione particolare: così, il nome in molte culture antiche assume il significato di essenza stessa dell’essere (cfr. la corrispondenza in latino tra i termini nomen, numen -divinità, potenza spirituale- numerum e persino omen, ossia presagio). Il significato di 666 è discusso: secondo alcuni nasconderebbe il nome di Nerone Cesare –il primo persecutore dei cristiani; altre interpretazioni lo mettono in relazione con il termine greco panathesmios, scellerato, senza legge; o all’ebraico k-elohìm, come-Dio, riecheggiante la promessa del serpente ad Eva “sarete come Dio” (Gn. 3,5).

[9] Franz De Ville, Tziganes, Bruxelles 1956

[10] C.Intini, Santa Maria del Graal, Torino 2002, p. 68

[11] Per una coincidenza tutt’altro che casuale il nome della dea indiana è identico all’appellativo di Santa Sarah “La Kali” e, in ambedue i casi, significa “La Nera”. La lingua dei Gitani, infatti, contiene molte parole d’origine indiana.

[12] L’Opera al Nero dell’alchimia simboleggia lo stadio iniziale che l’adepto deve percorrere per purificarsi delle influenze materiali e inferiori (la materia nera) per poter accedere a livelli superiori. E’ interessante, peraltro, notare, che il termine alchimia, dall’arabo al-kemiya, deriva direttamente dal nome con cui gli antichi egizi indicavano la loro terra: Kemi, Terra Nera. Termine, questo, che aveva probabilmente anche un rimando simbolico.

[13] Sulla teologia dei “semi del Verbo” e sui contatti tra Cristianesimo e tradizioni spirituali antiche, cfr.: M.Polia, Il seme e la pienezza. Cristianesimo e altre religioni, Rimini 2001

[14] Dan Brown, Il Codice Da Vinci, cit., p. 288

[15] La distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio, centro della religione ebraica, in seguito alla rivolta dei ribelli Zeloti e all’assedio dell’imperatore romano Tito –evento drammaticamente descritta nella Guerra Giudaica di Giuseppe Flavio- segna la fine del Giudaismo antico. Da quel momento in poi, a seguito della distruzione della società palestinese e della dispersione degli Ebrei ai quattro angoli del mondo –la cosiddetta Diaspora– il Giudaismo si modella essenzialmente intorno all’insegnamento dei rabbini di scuola farisea, l’unica sopravvissuta alla catastrofe.

[16] Dan Brown, Il Codice Da Vinci, cit., pp. 287-288

[17] Cfr. A.Nicolotti, Maria Maddalena e il Codice da Vinci, in “I quaderni del CICAP”, n° 7, Padova 2006, p. 29-32

[18] In Mc. 1, 29-31 è narrato l’episodio della guarigione della suocera di Simon-Pietro da parte di Gesù. E’ l’unico accenno, scarno come al solito ma inequivocabile, allo status di uomo sposato di colui che diventerà la guida degli Apostoli.

[19] Mt. 26, 6-13; Mc. 14, 3-9; Lc. 10, 38-42; Gv. 11, 1-12

[20] Mc. 16, 9

[21] A titolo di pura curiosità, facciamo un accenno alle esperienze mistiche della beata stigmatizzata Caterina Emmerick, che a cavallo tra XVIII e XIX secolo ebbe una serie di “visioni” riguardanti vicende evangeliche e poi rielaborate in forma letteraria da Clemente Brentano. Secondo la Emmerick, che in molti punti narra episodi di cui non vi è traccia sui Vangeli, Maria di Magdala sarebbe stata una sorella della Maddalena e di Lazzaro, conosciuta da Gesù e morta in tenera età. Le Marie della famiglia di Betania sarebbero state dunque due non una. (Cfr. E.Pilla, Le rivelazioni di Caterina Emmerick, Siena 1998, pp. 174-178). Le presunte rivelazioni non sono mai state riconosciute dalla Chiesa Cattolica: c’è da ricordare, però, che è proprio grazie ad una di queste “visioni” che gli archeologici hanno potuto rintracciare ad Efeso, in Turchia, le rovine di quella che sembra essere stata la casa della Vergine Maria.

[22] Mc. 16, 9-11

[23] I Catari erano una setta medievale di derivazione orientale (Grecia, Asia Minore, Balcani) giunta in Occidente verso l’XI secolo ed impiantatasi soprattutto in Provenza, dov’era il loro centro principale, la città di Albi (donde il termine Albigesi che designava gli appartenenti alla setta). Il Catarismo riprendeva elementi dell’antico gnosticismo cristiano, uniti a reminescenze neoplatoniche ed elementi dell’antica religione dualista del persiano Mani. La visione della realtà era fortemente dualistica: il mondo della materia era visto come la creazione di un demiurgo malvagio. La liberazione dell’anima consisteva, essenzialmente, nell’annullamento del corpo in quanto entità malvagia. Particolarmente impressionante era la pratica dell’Endura, che consisteva nel lasciarsi morire di fame al fine di liberare l’anima dal corpo. Il Catarismo fu l’unica delle eresie medievali a poter vantare un’organizzazione capace di reggere il confronto con la Chiesa di Roma: con una gerarchia al vertice della quale erano i “Perfetti”, gli iniziati che avevano realizzato il cammino di liberazione. Per la sua capacità di organizzazione sul territorio, il Catarismo rappresenta la sfida più ardua lanciata non solo al Cattolicesimo, ma al Cristianesimo in quanto tale durante l’intero Medioevo. Sulla teologia dei Catari, resta fondamentale il testo di Roul Manselli L’eresia del male, Napoli 1963 (2° edizione 1980); per inquadrare il Catarismo nel più ampio fenomeno delle eresie medievali, cfr. L Paolini, Eretici del medioevo. L’albero selvatico, Bologna 1989.

[24] Anche la famosa chiesa di Maria Maddalena nel noto paesino provenzale di Rennes Le Chateau fu consacrata alla santa dai signori catari di quella zona (cfr. M.Bizzarri/F.Scurria, Sulle tracce del Graal, cit., p. 100).

[25] La crociata contro i Catari fu decisa da Innocenzo III nel 1208, dopo l’uccisione da parte degli eretici del legato  pontificio Pietro di Castelnau. Da quel momento, la Chiesa di Roma, che fino ad allora aveva tenuto un atteggiamento prudente nei confronti del “problema cataro”, chiese aiuto al re di Francia e alle sue truppe. La crociata, trasformatasi in una vera e propria invasione da parte del nord di lingua d’oil ai danni del sud di lingua d’oc, si concluse con l’assedio e la distruzione dell’ultima fortezza catara sul picco di Montsegur nel 1243. Certe interpretazioni moderne hanno collegato i Catari alle leggende del Santo Graal: i Catari, in sostanza, sarebbero stati i custodi di una religione pre-cristiana (simboleggiata dal Santo Graal) che si sarebbe opposta al Cristianesimo. Queste suggestioni risalgono agli studi dell’antropologo tedesco Otto Rahn, ufficiale delle SS incaricato da Himmler di effettuare ricerche “esoteriche” in Provenza, autore di due testi che hanno creato il mito: trad. it. Crociata contro il Graal, Salluzzo 1979; La corte di Lucifero, Salluzzo 1989. Come capita spesso nella letteratura occultista, anche Otto Rahn mescola mezze verità e totali invenzioni, definendo un quadro di fatto inverosimile: basti pensare che il mito del Graal, sviluppatosi nel Nord della Francia e in Inghilterra, non ha nulla a che vedere con il Catarismo affermatosi nel sud della Francia.

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3 commenti

  1. Complimenti, molto interessante a quanto Lei ha scritto. Se permette io aggiungerei: 1 La Grotta di Santa Maria Maddalena a La Sainte Baume, La chiesa di Santa Maria Maddalena a Rennes-les-Chateaux e la storia del Curé Bérenger Saunière.

  2. Non è un mito,ma una realtà che coinvolge tutte quelle donne che si sono mantenute vergine di cuore,..un rito che comporta sacrificio,ma che unisce al Divino, .la volontà di andare a nozze con L’altra metà con Dio, che riesce tramite la Chiesa nel confessore cammina il messaggio, nel silenzio ..