Escatologia Universale (di Frithjof Schuon)

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Escatologia Universale – F.Schuon

L’escatologia fa parte della cosmologia, e questa prolunga la metafisica, che s’identifica essenzialmente con la sophia perennis. Ci si può chiedere con quale diritto l’escatologia possa far parte di questa sophia, dal momento che, epistemologicamente parlando, la pura intellezione non sembra rivelare i nostri destini d’oltretomba, mentre ci rivela i principi universali; ma in realtà la conoscenza di tali destini è accessibile grazie alla conoscenza dei principi, o grazie alla loro retta applicazione. Proprio comprendendo infatti la natura profonda della soggettività, e non esclusivamente mediante quella via esteriore che è la Rivelazione , possiamo conoscere l’immortalità dell’anima, poiché dire soggettività totale o centrale – e non parziale e periferica come quella degli animali – equivale a dire capacità d’oggettività, intuizione d’Assoluto e immortalità. E dire che siamo immortali, significa che siamo esistiti prima della nostra nascita umana – giacché ciò che non ha una fine non può avere un inizio – e inoltre che siamo soggetti a cicli; la vita è un ciclo, e pure la nostra esistenza anteriore doveva essere un ciclo in una concatenazione di cicli. Anche la nostra esistenza posteriore può procedere per cicli, cioè vi è condannata se non abbiamo potuto attuare la ragion d’essere dello stato umano che, essendo Centrale, permette appunto di sfuggire al “girotondo delle esistenze”.

Difatti la condizione umana è la porta verso il Paradiso: verso il centro cosmico che, pur facendo parte dell’universo manifestato, è tuttavia posto – in virtù della prossimità magnetica del Sole divino – al di là della rotazione dei mondi e dei destini, e quindi al di là della “trasmigrazione”. Proprio per questo “la nascita umana è difficile da raggiungere”, secondo un testo indù; basta, per convincersene, considerare l’incommensurabilità tra il punto centrale e gli innumeri punti della periferia.

Vi sono anime che, conformi in modo totale o sufficiente alla vocazione umana, entrano direttamente in Paradiso: sono sia i santi, sia i santificati. Nel primo caso sono le grandi anime illuminate dal Sole divino e dispensatrici di raggi benefici; nel secondo caso sono le anime che, non avendo difetti di carattere né tendenze mondane, sono libere  o liberate dai peccati mortali, e santificate dall’azione soprannaturale dei mezzi di grazia di cui esse hanno fatto il loro viatico. Tra i santi e i santificati vi sono senza dubbio possibilità intermedie, ma solo Dio è giudice della loro posizione e del loro stato. Tra i santificati – i salvati per santificazione insieme naturale e soprannaturale – ve ne sono tuttavia di non abbastanza perfetti per poter entrare direttamente in Paradiso; essi attenderanno dunque la loro maturità in un luogo chiamato dai teologi una “prigione onorevole”, ma che, secondo il parere degli Amidisti, è più di questo giacché, dicono, tale luogo è posto nel Paradiso medesimo; essi lo paragonano a un bocciolo di loto dorato, che si apre quando l’anima è matura. Tale condizione corrisponde al “limbo dei padri” (limbus = lembo) della dottrina cattolica: i giusti dell’ Antica Alleanza , in quest’ottica molto particolare, vi si trovavano prima della “discesa agli inferi” di Cristo-Salvatore; concezione innanzi tutto simbolica, e assai semplificatrice, ma perfettamente adeguata quanto al principio, e anche letteralmente vera in casi che non siamo tenuti a definire nel contesto, data la complessità del problema. Dopo il “loto” dobbiamo considerare il “purgatorio” propriamente detto; l’anima fedele alla sua vocazione umana, cioè sincera e perseverante nei suoi doveri morali e spirituali, non può cadere nell’inferno, ma può passare, prima d’accedere al Paradiso, attraverso quello stato intermedio e doloroso chiamato “purgatorio” dalla dottrina cattolica; essa vi deve passare se ha difetti di carattere, o se ha tendenze mondane, o se è gravata di un peccato che non ha potuto compensare col suo atteggiamento morale e spirituale né con la grazia di un mezzo sacramentale. Il “purgatorio”, secondo la dottrina islamica, è un soggiorno temporaneo nell’inferno: Dio salva dal fuoco “chi Egli vuole”, ossia è il solo giudice degli imponderabili della nostra natura; o in altre nata o la nostra sostanza. Se esistono confessioni Cristiane che negano il purgatorio, lo fanno in fondo per la stessa ragione: perché le anime di coloro che non sono dannati, e che ipso facto sono destinati alla salvezza, sono nelle mani di Dio e non riguardano che Lui. Circa il Paradiso, bisogna ragguagliare qui sia sulle sue regioni “orizzontali” che sui suoi gradi “verticali”: le prime corrispondono a settori circolari, e i secondi a cerchi concentrici. Le prime separano i differenti mondi religiosi o confessionali, e i secondi i diversi gradi in ognuno di questi mondi: da un lato il Brahma-Loka degli lndù per esempio, che è un luogo di salvezza come il Cielo dei Cristiani, non coincide tuttavia con questo; e dall’altro, in uno stesso Paradiso, il luogo di Beatitudine dei santi minori o dei  “santificati” non è uguale a quello dei grandi santi. “Vi sono molte dimore nella casa del Padre mio”, senza che vi siano per questo barriere insormontabili tra i diversi gradi, infatti la  “comunione dei santi” fa parte della Beatitudine; e non è più il caso d’ammettere che non vi sia alcuna comunicazione possibile tra i differenti settori religiosi, sul piano esoterico dove essa può avere un significato.

Per quanto concerne l’escatologia in genere, vorremmo fare un’osservazione: è stato spesso fatto notare che né il Confucianesimo né lo Shintoismo ammettono espressamente le idee dell’aldilà e d’immortalità, il che non significa nulla poiché essi hanno il culto degli antenati; se non vi fosse sopravvivenza, questo culto non avrebbe senso, e non vi sarebbe alcuna ragione per un imperatore del Giappone d’andare a informare solennemente le anime degli imperatori defunti di tale o tal’altro avvenimento. E’ del resto noto che una caratteristica delle tradizioni di tipo sciamanico é la parsimonia  – non l’assenza totale – di notizie escatologiche.

Fonte: “Sulle Traccie della religione perenne”, F.Schuon

Post Scriptum:

A scanso di equivoci e per chiarire meglio il pensiero del grande orientalista elvetico, bisogna precisare alcune cose:

1) Frithjof Schuon, parlando della preesistenza dell’essere (non dell’anima individuale) alla nascita umana non intendeva parlare della presunta reincarnazione (ovvero di quella pseudo-dottrina la quale, proprio secondo Schuon, era solo generata dall’incomprensione occidentale per certi passaggi simbolici o di valore parabolico presenti in alcuni testi orientali). Secondo gli autentici testi Vedici, afferma Schuon, le cosiddette “nascite” precedenti o successive andrebbero intese come “rimanifestazioni” dell’essere (non dell’anima individuale) su piani della realtà differenti dal nostro (non certo come successive “nascite umane”;

2) L’anima individuale e personale si forma al momento del concepimento: é questa l’anima che deve essere “salvata”, pena la perdita dello stato umano Centrale (l’immagine di Dio) e il ritorno al “ciclo delle rimanifestazioni”.

3) L’inferno delle tradizioni monoteistiche, secondo Schuon, sarebbe in pratica assimilabile a ciò che nell’Induismo é indicato come la “perdita della Centralità umana”. In sostanza, se l’anima umana “non si salva” ed é quindi destinata all’annientamento nella Gheenna, l’essere spirituale che l’ha generata, tuttavia, sopravvive ed é destinato a “rimanifestarsi” su quei piani inferiori e infernali dell’essere che l’Induismo e il Buddhismo identificano con i lokas più bassi, ovvero i regni degli Asura o demoni.

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