Darwinismo e razzismo. Quello che non molti sanno…

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Considerava neri africani e aborigeni australiani (ma anche, da buon inglese purosangue, i vicini Irlandesi e i più lontani Slavi) come razze inferiori destinate ad essere soppiantate (annientate?) dai bianchi occidentali. La sua ipotesi deve gran parte del suo successo (oltre che all’implicito ateismo) dall’essere perfettamente funzionale all’imperialismo britannico dell’epoca. Eppure, per uno strano paradosso, Darwin é divenuto negli ultimi anni un vessillo per molti sedicenti “progressisti” democratici…

Tratto da: “Apoteosi” evoluzionista” di Enzo Pennetta

In occasione di un’intervista ad Antonio Gaspari, Marco Tosatti pubblicò nel 2009 un articolo su La Stampadal titolo:

Darwin, l’avete letto tutto?”

Nell’intervista venivano messi in evidenza alcuni importanti passaggi delle opere di Darwin, in particolare nell’Origine dell’uomo:

«In un capitoletto intitolato “Selezione naturale operante nelle nazioni civili” Darwin spiega perché l’uomo civilizzato ha uno svantaggio rispetto al selvaggio, e scrive: “Fra i selvaggi i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati; e quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute. D’altra parte, noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione; costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli storpi e per i malati; facciamo leggi per i poveri; e i nostri medici usano la loro massima abilità per salvare la vita di chiunque fino all’ultimo momento. Vi è ragione di credere che la vaccinazione abbia salvato migliaia di persone, che in passato sarebbero morte di vaiolo a causa della loro debole costituzione. Così i membri deboli della società civile si riproducono. Chiunque sia interessato dell’allevamento di animali domestici non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso alla razza umana. E’ sorprendente come spesso la mancanza di cure o le cure mal dirette portano alla degenerazione di una razza domestica: ma, eccettuato il caso dell’uomo stesso, difficilmente qualcuno è tanto ignorante da far riprodurre i propri animali peggiori”»

E poi:

«”Dobbiamo perciò sopportare – continua Darwin – gli effetti indubbiamente deleteri della sopravvivenza dei deboli e della propagazione delle loro stirpe” (pag.177). Abbiamo capito bene? Aiutare i deboli, curare i malati, vaccinare salvare migliaia di persone con è un “effetto deleterio” per l’evoluzione della specie?»

Poco più di un mese dopo l’articolo veniva ripreso e commentato in un forum sul sito della rivista FOCUS, al riguardo è interessante notare come l’atteggiamento prevalente delle persone coinvolte nella discussione faccia leva su due punti:

1-      All’epoca di Darwin tutti erano razzisti e dunque le affermazioni sono comprensibili

2-      Si tratta di considerazioni che comunque non invalidano il lavoro scientifico di Darwin.

Riguardo al primo punto è doveroso fare qualche considerazione.

È vero che all’epoca il razzismo fosse molto diffuso ma è innegabile che la teoria di Darwin abbia avuto il ruolo di dare una legittimazione scientifica al razzismo, ciò è evidente già a partire dal sottotitolo del libro On the Origin of Species :sulla conservazione delle razze favorite nella battaglia per la vita

“Preservation of favoured races in the struggle for life”

 

ed è altrettanto vero che proprio dalle idee classiste dell’economista Thomas Malthus prese spunto Darwin per la sua teoria.

In poche parole la teoria dell’evoluzione per selezione naturale (non dell’evoluzione in sé) è figlia del razzismo dell’epoca e madre del razzismo “scientifico” degli anni seguenti. Non è dunque un’attenuante il fatto che la società dell’epoca fosse razzista, semmai dobbiamo individuare un’aggravante, quella di aver reso “scientifico” un comportamento che fino ad allora era frutto di una scelta politica coloniale e imperialista.

Ed è altrettanto importante far notare che solo a cavallo tra il XVIII e XIX secolo fecero la loro ricomparsa in occidente lo schiavismo e il razzismo si affacciò come pensiero comune. Infatti lo schiavismo era scomparso in occidente e non si può giungere addirittura ad affermare, come fanno alcuni, che l’uguaglianza degli uomini sia stata un frutto della modernità. Era stato infatti il cristianesimo a decretare la fine dello schiavismo, e per oltre un millennio tale pratica fu estranea all’Europa. Di razzismo poi non si era sentito parlare neanche nell’antica Roma, dove tutti potevano accedere allo status di “Civis Romanus”, fatto testimoniato ad esempio da Paolo di Tarso, che notoriamente era cittadino romano.

(Vedi: Francesco Agnoli, La schiavitù del peccato.)

Sul secondo punto, cioè sul fatto che le opinioni di Darwin non inficino il suo lavoro di scienziato siamo pienamente d’accordo. Con un po’ di malizia possiamo però aggiungere che a invalidare la sua teoria ci hanno già pensato altre sue affermazioni:

quelle sulla pangenesi, sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti, sul gradualismo.

Rimane a questo punto un interrogativo: ma perché ogni volta che si parla di Darwin le reazioni sono così accese?

Forse la risposta ce la dà una frase dello scomparso Giorgio Celli, citata nell’articolo:

«il Verde Giorgio Celli ha dichiarato a Il Messaggero (28/11/2005) che “a 15-16 anni scoprii Darwin: non un maestro, un santo protettore“.»

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